12/09/11

Judo e ADHD Terzo campus “Judo e Avventura” - No Stop 2011


Parlare di judo oltre la pratica sportiva non è una novità.
L’Associazione “Il Cerchio”-Milano, guidata da Giuseppe Piazza, propone un campus strutturato come uno stage di judo a ragazzi con diagnosi di ADHD.
È un fatto nuovo in Italia e non risultano notizie di esperienze simili neanche in Europa. Per avere dei riferimenti su esperienze concernenti l’ADHD, bisogna andare oltre oceano, negli States. Lì, da oltre dieci anni, una nuova corrente di psicoterapeuti applica la “Mindfulness”: nelle loro terapie utilizzano la meditazione e consigliano ai ragazzi con ADHD di praticare discipline assimilabili al judo.
ADHD è l’acronimo che definisce i disturbi relativi ad attenzione e iperattività: Attention Deficit Hyperactivity Disorder. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) indica l’ADHD come un disturbo a esordio nei primi anni di vita, caratterizzato da incapacità di controllo della motricità, dell’impulsività e dell’attenzione. Tale disturbo, che si esprime con forte disattenzione, iperattività motoria e impulsività, provoca una grande sofferenza nel bambino/ragazzo a causa dell’emarginazione cui viene sottoposto fin da piccolo; sensi di colpa, bassa autostima, poche relazioni sociali e amicali, abbandono scolastico. Di ADHD soffre in modo più o meno grave circa il 4% della popolazione in età evolutiva. In molti casi (circa l’80%), esso si accompagna a una o più comorbilità; possono essere: disturbi dell’apprendimento, disturbi d’ansia, disturbo della condotta, disturbo depressivo, disturbo oppositivo-provocatorio.
In Italia, l’ADHD è tuttora poco conosciuta; oggetto d’attenzione delle strutture mediche da poco più che un lustro, dal 2007 è stata riconosciuta definitivamente dal Ministero della Sanità. Nonostante ciò, non mancano sirene che negano il problema.
I genitori dei bambini interessati dal disturbo si sono costituiti in associazione: “Aifa Onlus” - Associazione Italiana Famiglie ADHD (www.aifaonlus.it)
Il presidente, Patrizia Stacconi, racconta: “Le difficoltà che le famiglie incontrano per inserire questi bambini a scuola e nei corsi pomeridiani sono notevoli, è sempre un problema inserirli in qualsiasi attività di gruppo. In altri casi, quando organizziamo degli incontri con le famiglie, gli albergatori, con la motivazione che i ragazzi sono troppo vivaci, ci negano l’ospitalità. Con gli anni e con un’adeguata terapia (la terapia multimodale che consiste in: un intervento terapeutico cognitivo-comportamentale sul bambino; supporto ai genitori/alla famiglia; intervento con le strategie scolastiche a supporto degli insegnanti; nei casi più gravi, intervento farmacologico) molti di questi bambini imparano a contenersi e trovare un loro equilibrio. L’obiettivo come Associazione Aifa è di ridurre ed evitare le frustrazioni di questi bambini/ragazzi. Il rischio costante è la marginalizzazione e, conseguentemente, i traumi che si porteranno per tutta la vita. Siamo impegnati sul territorio nazionale a garantire le condizioni per un adeguato trattamento clinico, come sta avvenendo nelle strutture sanitarie. Inoltre, come Aifa, promuoviamo corsi di formazione per gli insegnanti e incontri con le famiglie, che spesso non hanno strumenti e conoscenza adeguata per affrontare il problema”.
Nel 2008, in circostanze del tutto casuali, nasce l’idea di proporre ad Aifa il nostro modello di stage estivo “Judo e Avventura”, adattandolo alle esigenze particolari di persone ADHD. Realizzato l’incontro preliminare con il presidente Aifa, Patrizia Stacconi, e l’alter ego, Astrid Gollner, (due signore di mezza età che non si fermano davanti a niente) prendiamo accordi per una visita alla struttura dove si svolgerà il campus.
Appuntamento a Fonte Gajum – Canzo: le due responsabili arrivano con zaino e scarpe da trekking, mezz’ora di camminata per un sentiero di montagna e si giunge a Prim’Alpe. Presa visione della casa, una cascina del ‘700 ristrutturata come un rifugio (c’è giusto l’essenziale: stanze da letto, cucina e sala da pranzo), si parte per un giro nel bosco esplorando le possibili passeggiate da proporre ai ragazzi. Stanche, ma convinte che il posto sia quello giusto, si affrontano il programma del campus e le sue finalità.
Proponiamo un modello sperimentato con successo rivolgendoci ai ragazzi delle medie: due ore di judo, tiro con l’arco e arrampicata; nel pomeriggio, trekking, pernottamento in tenda, preparazione del campo e orienteering. Numero di presenze dei ragazzi con ADHD: massimo 14.
Obiettivi: una settimana fuori casa; una vacanza di lavoro e gioco; attività studiate e proposte per stimolare socializzazione, autostima e responsabilizzazione, tre elementi che spesso sono deficitari nella vita di questi ragazzi a causa del loro disturbo.
L’Associazione “Il Cerchio” propone una settimana di “Judo e Avventura”; l’incipit :“No Stop”.
Nel 2009, con la prima edizione, è stata una scommessa difficile; oggi, penso che la terza edizione sia la miglior conferma che potessimo avere sulla qualità della nostra proposta.
Ora l’obbietivo è studiare percorsi che inducano i ragazzi a proporsi oltre l’esperienza del campus, a cercare strutture che offrano opportunità d’inserimento per continuare le attività.
Per i terapeuti, “Judo e Avventura” offre un’esperienza unica: la possibilità di osservare i ragazzi fuori dagli studi medici, in una condizione reale e privilegiata, in cui siano impegnati tutto il giorno. Si possono osservare le relazioni con i compagni, le abilità di problem solving, l’assunzione di responsabilità nell’eseguire gli esercizi proposti: tutti elementi utili che consentono di elaborare nuove strategie d’intervento.
Con una adeguata didattica, il judo (molto apprezzato dal personale “Aifa”) stimola i ragazzi neofiti a trovare piacere nel praticarlo. Giusta attenzione, collaborazione e responsabilità sono gli elementi di base nella pedagogia del judo proposto, che ben si coniuga con i bisogni dei ragazzi. Hic et nunc, tradotto letteralmente dal latino, significa qui e ora; nel judo, si legge corretta attenzione, per indicare che un’azione non ammette distrazioni nella sua attuazione.
La presenza di sei judoka esperti sul tatami garantisce un’adeguata copertura e la costante attenzione per ottenere risultati inerenti alla tecnica; soprattutto, permette di istaurare un rapporto di fiducia e collaborazione. Di fatto, in materassina si mettono le basi per le attività successive: tiro con l’arco, arrampicata e trekking. Il ragazzo prende coscienza delle proprie potenzialità fisiche, sperimenta il confronto con gli altri, partecipa e collabora in un continuo flusso di azioni attive. Si propone un corso di judo elementare, ma sufficientemente complesso per interessarlo. L’attenzione che si cerca è nel gesto, nella sua complessità: acquisire fin dal primo approccio la responsabilità delle proprie azioni nei confronti del compagno. Il contatto, il rapporto fisico, superata la prima reazione di diffidenza, coinvolge il ragazzo a cimentarsi per provare la propria forza e abilità nella lotta.
Le attività successive: tiro con l’arco e arrampicata. Il tiro con l’arco richiede concentrazione, attenzione e calma; per tutti è una prova da superare. Il risultato, anche se gratificante quando si centra il bersaglio, è una circostanza che va ricercata senza stress: l’attenzione si sposta sul sentirsi bene, in armonia col gesto, con una buona posizione e una corretta respirazione.
L’arrampicata chiama in causa il rapporto con lo spazio: stare appesi su una parete richiede calma, destrezza e agilità; superare la paura del vuoto non è per tutti un’impresa facile. Anche in questo caso, però, abbiamo ottenuto risultati sorprendenti: a fine settimana, quasi tutti superano la paura e trovano gusto nell’arrampicare.
Infine, nel pomeriggio, la passeggiata: una forma di meditazione di gruppo. Occorre rispettare le regole della montagna; camminare in fila; mantenere la distanza dal compagno; abituarsi a sopportare la fatica nel tempo, impresa assai difficile ma non impossibile.
Dopo la pausa merenda, le attività proseguono nel tardo pomeriggio e lo staff de “Il Cerchio” diventa osservatore: gli educatori, gli psicologi e i medici “Aifa” (quattordici persone) sono tutti impegnati a costruire e a partecipare con i ragazzi ai giochi di gruppo appositamente studiati. Dare e produrre entusiasmo è la strada maestra per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Siamo solo all’inizio della nostra avventura, un fiore all’occhiello per il judo italiano.
Quanto realizzato finora è stato possibile grazie alla straordinaria partecipazione di volontari, medici ed educatori “Aifa” e agli amici judoka che fanno riferimento all’Associazione “Il Cerchio”.
La prossima tappa che proponiamo è un confronto con altre esperienze analoghe (se ne esistono in Italia o altrove).
La ricerca è una condizione essenziale per crescere, trovare possibili e nuovi percorsi da offrire ai ragazzi.

Giuseppe Piazza – Milano, Settembre 2011

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